Kovid ha perso 59,2 miliardi di dollari di consumi sin dal suo inizio
Il consumo non si riprende. A sei mesi dal blocco e dall’avvio dell’emergenza, il saldo è ancora negativo: tra marzo e agosto di quest’anno le famiglie italiane hanno speso più di 2.300 euro in beni e servizi rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, con un totale di 59,2 miliardi di euro di acquisti che ‘spariscono’ dall’inizio della crisi di Kovid. . È difficile valutare. Dopo un black-out a marzo e aprile dovuto a un arresto delle attività, i consumi sono ripresi lentamente. A quattro mesi dalla “riapertura”, i dati finora in nostro possesso indicano che i costi delle abitazioni non hanno ancora ristabilito un percorso ben definito di crescita e ripresa, spiega il Depositario. Anche dopo la ripresa delle operazioni, infatti, gli italiani hanno continuato a ridurre gli acquisti: nel semestre marzo-agosto il costo medio dei prodotti non alimentari è sceso di 1.170 euro a famiglia rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Calano in particolare i costi dell’abbigliamento e delle calzature (-278 euro in sei mesi, per un totale di -7 miliardi di euro), ma si registrano anche dei veri e propri ribassi da spendere in intrattenimento, svago e cultura (-195 euro). , Totale -5 miliardi) e mobili e mobili (-166 euro, totale -4,2 miliardi). In calo anche i consumi delle imprese pubbliche, con una riduzione di 207 euro a famiglia, pari a una perdita complessiva di 5,5 miliardi. Gli impatti delle emergenze sulla disponibilità delle famiglie dipendono anche dai consumi. L’incertezza – evidenziata nella nota – aumenta la propensione al risparmio per alcuni; Per altri, la crisi è stata un calo significativo del reddito da lavoro, una riduzione del -11,3% per i dipendenti del settore privato e del -13,4% per il lavoro autonomo. Una situazione particolarmente difficile per i negozi tradizionali, se riteniamo che l’emergenza, oltre a ridurre il costo totale per le famiglie, ne abbia trasferito una parte sull’online. In sei mesi le vendite nella distribuzione tradizionale sono diminuite del 12,1%, praticamente dimezzandosi per abbigliamento e pellicce (-41,1%). Pessimi anche negozi di calzature (-37,8%) e bar e ristoranti (-30,3%). Secondo Confessor, “Dobbiamo capire se un cambiamento nel comportamento di spesa è permanente. Vari fattori lavorano nella direzione di una riduzione permanente del costo degli alloggi o della sua ridistribuzione: stabilizzazione significativa del lavoro attivo, incertezza sull’inizio della riapertura di una pandemia o ulteriore deterioramento della propria situazione finanziaria, aspettarsi aumenti fiscali in futuro per affrontare la crisi. Dando nuove garanzie alle famiglie e ai lavoratori, dobbiamo evitare un deterioramento della situazione. Il risultato – conclude la nota – non lo possiamo che guadagnare sostenendo la ripresa delle imprese: supporto all’operatività e necessità di un master plan di riuso e digitalizzazione, che permetta al tessuto fondante di ricostruirsi per superare la crisi e tornare. Crescere e creare posti di lavoro “.