Banche contro il governo per gli extraprofitti “Tassa incostituzionale”
Andrea Greco
MILANO – La Banca Centrale Europea riempie la bozza di critiche tassa sugli extraprofitti bancario legato all’aumento dei tassi di interesse. Il parere, che spetta all’istituzione per la stabilità delle istituzioni e la vigilanza, è lungo sei pagine, firmato dal presidente Cristina Lagarde e inviato ieri al Tesoro, che l’11 agosto aveva trasmesso la versione del provvedimento, per riscuotere nel 2024 il tasso del 40% sull’aumento di oltre il 10% del margine di interesse delle banche italiane nel 2023 rispetto al 2022. L’Eurotower , come già aveva fatto per analoghe leggi adottate dai governi di Spagna e Lituania, ha sollevato preoccupazioni formali e sostanziali, invitando a calibrare meglio tutte le ricadute che la tassa potrebbe avere sul credito in Italia e sulla capacità delle istituzioni di assorbire le problemi del ciclo economico (già alle porte).
L’Autorità di vigilanza ha quindi raccomandato al governo “che il decreto legge sia accompagnato da un’analisi approfondita delle potenziali conseguenze negative per il settore bancario, che illustri in particolare l’impatto specifico dell’imposta straordinaria sulla redditività a lungo termine e sulla capitale, sull’accesso ai finanziamenti e sulla concessione di nuovi prestiti e sulle condizioni di concorrenza sul mercato, e il suo potenziale impatto sulla liquidità”. Il Tesoro, che lavora da settimane a una revisione della base imponibile, anche per esentare gli investimenti delle banche in titoli di Stato, leggerà con la massima attenzione tutte le conclusioni e le raccomandazioni di Francoforte; anche se la versione finale della legge, in discussione in Parlamento, potrebbe ridurre il suo impatto dai 2,5 miliardi di euro inizialmente stimati a meno della metà.
Andrea Greco
La prima osservazione riguarda il fatto che la regola una tantum non misura gli effetti dell’aumento dei tassi sull’intero ciclo economico: “È stato dimostrato che il margine di interesse tende solitamente ad espandersi all’aumentare dei tassi di riferimento (…). Tuttavia, poiché il ciclo restrittivo continua, questo effetto positivo sul reddito potrebbe essere compensato da minori volumi di prestiti, maggiori costi di finanziamento, perdite registrate nel portafoglio titoli e un aumento degli accantonamenti derivanti dal potenziale deterioramento della qualità del portafoglio creditizio”. Pertanto, “l’effetto netto di una politica monetaria più restrittiva sulla redditività bancaria misurata sull’intero ciclo decisionale potrebbe quindi essere meno positivo, se non negativo, su un orizzonte temporale esteso”.
In secondo luogo, “poiché la determinazione dei destinatari dell’imposta straordinaria si basa anche sul reddito da interessi netti nel 2023, tali istituti di credito potrebbero registrare profitti o perdite inferiori quando l’imposta verrà effettivamente riscossa”. E ciò vale anche “se gli enti creditizi soggetti a tale imposta registrano perdite su componenti dei loro utili derivanti da redditi diversi dal margine di interesse”. Per questo motivo, Lagarde aggiunge che “occorre cautela affinché l’imposta straordinaria non incida sulla capacità dei singoli istituti di credito di costruire solide basi patrimoniali e di accantonare adeguati accantonamenti per maggiori svalutazioni e un deterioramento della qualità del credito”, evitando” mettendo a repentaglio una trasmissione regolare delle misure di politica monetaria, basate sul sistema bancario, all’economia in generale.”
di Raffaele Ricciardi
Come nel caso delle tasse spagnole e lituane sulle banche, la Bce aveva osservato che “imporre una tassa straordinaria sul settore potrebbe rendere più complicato per gli enti creditizi accumulare ulteriori riserve di capitale poiché i loro utili non distribuiti verrebbero ridotti, il che ridurrebbe le loro resilienza di fronte agli shock economici”, limitando la capacità degli istituti di erogare credito. Un’altra critica riguarda il carattere una tantum dell’imposta: mentre “la Bce ha precedentemente raccomandato che sia necessaria una chiara separazione tra la natura straordinaria dei proventi e le risorse di bilancio generali di un governo per evitare che vengano utilizzate per scopi di risanamento generale del bilancio”.
Tra i rischi per la stabilità degli istituti c’è anche che, “in una prospettiva di lungo termine, tassi di interesse più elevati possono avere un impatto negativo sulla situazione finanziaria dei mutuatari, aumentando così il rischio di credito. Questi effetti non vengono presi in considerazione quando si delinea l’imposta straordinaria , poiché quest’ultimo è calcolato sul margine di interesse netto e non sugli utili netti. Questi diversi fattori dovrebbero essere debitamente valutati per garantire che gli enti creditizi rimangano in una posizione favorevole per assorbire potenziali perdite future.” Poi un passaggio sui maggiori costi di finanziamento: “L’imposta straordinaria potrebbe rendere più costoso per le banche attrarre nuovi capitali azionari e finanziamenti all’ingrosso, poiché gli investitori nazionali ed esteri potrebbero avere meno interesse a investire”.
Nella parte finale del parere vengono sollevate preoccupazioni circa la vigilanza prudenziale che la Bce esercita sulle principali istituzioni europee. Il principale riguarda i “rischi di frammentazione del sistema finanziario europeo a causa della natura eterogenea di queste tasse”; e il fatto che i gruppi che operano attraverso filiali estere sono soggetti alla “doppia imposizione”. Nella lettera si chiede, tra l’altro, chiarimenti sul “trattamento degli enti creditizi nei quali siano avvenute fusioni e acquisizioni nel periodo di stima per il calcolo dell’imposta e del relativo impatto, in termini di diversi perimetri alle diverse date di riferimento” , che il decreto legge “non considera né chiarisce”.
Un rischio correlato è che “l’imposta straordinaria colpirà soprattutto gli istituti meno significativi, che tendono a concentrarsi maggiormente sull’erogazione del credito”, e meno sulle commissioni di gestione del risparmio; soprattutto perché la base imponibile del governo italiano “non tiene conto dell’intero ciclo economico e non comprende, tra l’altro, le spese operative e il costo del rischio di credito”. Per questo motivo “l’importo dell’imposta straordinaria potrebbe non essere commisurato alla redditività a lungo termine di un istituto di credito e alla sua capacità di generare capitale”.
Un ultimo chiarimento riguarda la specificazione del tetto massimo d’imposta, fissato nello 0,1% del totale attivo relativo all’esercizio 2022. “Non è del tutto chiaro se la nozione di totale attivo si riferisca allo stesso perimetro utilizzato per il calcolo dell’imposta o se si riferisca al totale delle attività a livello consolidato”: quindi entità come Intesa Sanpaolo e Unicredit che hanno significative partecipazioni estere o le attività assicurative non hanno ancora capito quale sia la loro base imponibile.