Qual è esattamente il piano di Israele? Non tanto per l’offensiva militare ormai pienamente lanciata nella Striscia di Gaza, il cui obiettivo chiave, al netto delle limitate notizie che arrivano dal terreno, è piuttosto chiaro: sradicare Hamas, sia nei suoi uomini chiave che nelle infrastrutture più insidiose, comprese i lanciarazzi e il sofisticato sistema di tunnel sotterranei. Ma qual è il piano di Israele per il periodo post-bellico? È la domanda che già si pongono osservatori, analisti ed esperti del circuito politico-militare. Supponendo e non ammettendo che lo Stato ebraico raggiunga l’obiettivo della sua operazione militare, cosa farà il giorno dopo, con il suo esercito ormai al controllo della Striscia? E cosa accadrà agli oltre 2 milioni di palestinesi che abitano quella stretta striscia di terra? Domande inevitabili, le cui risposte da parte del governo israeliano sono rimaste finora avvolte nel mistero. A tentare di riempire il vuoto ha pensato oggi uno dei più famosi comandanti dell’esercito americano degli ultimi decenni, il generale ed ex capo della CIA David Petraeus. Collegati alla trasmissione di Monica Maggioni In mezz’ora su Rai 3, Petraeus ha messo proprio questo tema al centro della sua analisi: «Se c’è una cosa che noi americani abbiamo imparato a nostre spese dalla guerra in Iraq, è che i nostri piani d’azione per la Baghdad post-bellica non erano all’altezza”, riflette Petraues, artefice nel 2007 della cosiddetta surge per ristabilire l’ordine nel Paese mediorientale, martoriato da continui attentati a quattro anni dalla “vittoria” americana su Saddam Hussein.
Un piano chiaro per i palestinesi
«La fase post-bellica è cruciale, ne ho parlato nei giorni scorsi in colloqui pubblici e privati con gli israeliani. Sono sicuro che ci sia qualcuno (tra i massimi dirigenti israeliani, ndr) che ha in mente un piano, ma sarebbe fondamentale annunciarlo subito.” Per intenderci, ha ragionato l’ex capo della Cia, «è evidente che Israele adesso ha bisogno di “ripulire” tutto il territorio infestato dagli islamisti, come abbiamo fatto con l’Isis. Ma dopo aver finito quel lavoro non si può andarsene: deve esserci una visione su come garantire i bisogni di vita dei palestinesi”. Ecco cosa dovrebbe accadere secondo Petraues: «Israele stesso dovrebbe provvedere ai suoi bisogni cruciali dopo la guerra, dovrebbe quindi annunciare ora che si occuperà dell’amministrazione della Striscia di Gaza almeno per un periodo immediatamente successivo alla fine del conflitto. l’intervento, provvedendo ai bisogni della popolazione”. E questo anche per “motivare” la stessa popolazione della Striscia: «I palestinesi devono avere una visione che li incoraggi a uscire da questa situazione e a liberarsi da Hamas, che porta con sé responsabilità per quanto sta accadendo con la strage del 7 ottobre». Proprio quello che serve, concorda dallo studio Monica Maggioni, altrettanto preoccupata per l’assenza di un orizzonte chiaro per il “dopo”: «L’operazione non può avere successo se non c’è un’idea a lungo termine per i palestinesi.”