Attacco al campo profughi di Gaza. “Almeno 51 morti”
Almeno 51 persone sono state uccise e decine ferite in un attacco dell’esercito israeliano al campo profughi di Maghazi, nel centro della Striscia di Gaza. Lo riporta l’agenzia di stampa palestinese Wafa – come riporta il sito Ynet. L’aggressione è avvenuta nella notte tra sabato e domenica.
Blinken incontrerà oggi a Ramallah il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen
Il segretario di Stato americano Antony Blinken incontrerà oggi a Ramallah il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen (Mahmoud Abbas): si tratta del primo viaggio del capo diplomatico americano in Cisgiordania dallo scoppio della guerra tra Israele e Hamas. Un funzionario palestinese ha detto al Times of Israel. Nei giorni scorsi, Blinken ha dichiarato in un’audizione al Congresso: «Ad un certo punto, ciò che avrebbe più senso sarebbe che un’Autorità nazionale palestinese efficace e rivitalizzata avesse il governo e, in ultima analisi, la responsabilità della sicurezza di Gaza» . Questi commenti hanno segnato la prima volta che l’amministrazione Biden ha dichiarato pubblicamente il suo desiderio che l’Autorità Palestinese ritorni nella Striscia di Gaza, dopo aver sollevato privatamente l’idea con i partner regionali durante la guerra tra Israele e Hamas.
Trump: “Con me gli attacchi di Hamas non sarebbero avvenuti”
Donald Trump sostiene che se fosse stato alla Casa Bianca “gli attacchi di Hamas contro Israele non sarebbero mai avvenuti”. «Avevo distrutto l’Iran», ha attaccato il tycoon dal palco del Freedom Summit, il raduno annuale dei repubblicani della Florida, sostenendo di aver «risolto il problema del terrorismo» quando era presidente.
Arriva ad Amman, capitale della Giordania, e parla del futuro della Gaza, quando i miliziani terroristi di Hamas non saranno più lì a comandare. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, parla con i suoi omologhi di Egitto, Arabia Saudita, Libano ed Emirati Arabi Uniti, oltre a Giordania e Qatar, del dopoguerra che, ospitando la leadership di Hamas a Doha, è decisivo per la mediazione sugli ostaggi. Si delinea un periodo di transizione in cui la Striscia sarà presidiata da una forza araba multinazionale, possibilmente sotto l’egida delle Nazioni Unite, e poi governata da una leadership che potrebbe essere quella di un’Autorità Nazionale Palestinese “rivitalizzata”, quella che è al timone della Cisgiordania. Un progetto che per il momento sta ricevendo un’accoglienza ufficialmente poco entusiasta. Gli arabi del fronte moderato, quello che già ha rapporti diplomatici con Israele come Egitto e Giordania (anche se quest’ultima ha ritirato il suo ambasciatore a causa dei bombardamenti israeliani sulla Striscia) o li stava negoziando per porre fine alla disputa ( Arabia Saudita), tutti indistintamente lanciano un appello a Blinken per un “cessate il fuoco immediato”. In pratica, per la fine della guerra di Israele. Deporre le armi e fermare i bombardamenti e le azioni di terra. Una richiesta alla quale Blinken risponde chiaramente di no, e si oppone invece alla formula delle “pause umanitarie”, tregue limitate nel tempo, finalizzate al passaggio e alla distribuzione degli aiuti alla popolazione civile.
PROPOSTA RIFIUTATA
Un’idea sottoposta il giorno prima a Netanyahu, che l’ha respinta categoricamente, affermando che l’offensiva dell’esercito israeliano continuerà “a pieno regime”. La differenza che tutti gli osservatori notano è che al termine della visita a Tel Aviv, Blinken ha parlato da solo con i giornalisti, e l’incontro con il primo ministro israeliano è avvenuto a porte chiuse, i due non sono stati fotografati insieme in una conferenza stampa. Ieri, però, al termine dei colloqui, il capo della diplomazia di Biden è apparso ai giornalisti e alle telecamere tra i due ministri degli Esteri di Egitto, Sameh Shoukry, e Giordania, Ayman Safadi. Un segnale di vicinanza favorito dalle ripetute richieste di Blinken a Israele di non bombardare siti abitati da civili, di allentare la presa sulla Striscia e di consentire rifornimenti di cibo e acqua, soprattutto il carburante necessario per far funzionare gli ospedali.
Blinken è attento a mantenere la sua linea mediana, pur sottolineando il suo forte sostegno al suo principale alleato in Medio Oriente, Israele. «È nostra opinione – dichiara – che un cessate il fuoco adesso non farebbe altro che mantenere Hamas a Gaza, capace di riorganizzarsi, riorganizzarsi e ripetere ciò che ha fatto il 7 ottobre».
Questo, per l’America, non solo non è possibile, ma è anche escluso in vista di un futuro della Striscia e dei palestinesi che preveda tutt’altro: un governo non di terroristi, e un percorso che porti verso la pace fondata sul principio « due Stati e due popoli». Israele ha il diritto di difendersi, secondo Blinken, e gli deve essere «consentito di raggiungere il suo obiettivo, la sconfitta di Hamas». In questo senso, il sostegno degli Stati Uniti all’autodifesa di Israele è un « posizione irremovibile”.
LE SOFFERENZE
I suoi interlocutori arabi rispondono all’unanimità che il diritto all’autodifesa non può giustificare la crudeltà del conflitto e la sofferenza dei civili palestinesi. «Questa non è più legittima difesa – dice l’egiziano Shoukry – e gli sfortunati omicidi di Gaza non possono essere giustificati. Punizioni collettive, Israele che prende di mira civili e strutture innocenti, ospedali, medici, oltre a cercare di costringere i palestinesi a lasciare le loro terre, tutto ciò non può in alcun modo costituire legittima difesa”. Gli fa eco il suo collega giordano Safadi. “Israele si sta impegnando crimini di guerra, l’intera regione sta affondando in un mare di odio che segnerà le generazioni a venire.” Le proposte di Blinken sul post-Hamas a Gaza vengono discusse in stanze segrete, ma in pubblico Shoukry rifiuta addirittura la discussione. «Che cosa accadrà prossimo? Come possiamo anche solo cominciare a parlarne, non abbiamo tutte le variabili per farlo, ora le priorità sono diverse.” Da Beirut parla uno dei leader di Hamas, Osama Hamdan. «Blinken – dice ai giornalisti – dovrebbe fermare l’aggressione e non proporre idee che non possono essere messe in pratica». Dopo la sosta ad Amman e l’incontro con il re di Giordania, Abdullah II, il segretario di Stato volerà in Turchia per incontrare Erdogan.
Marco Ventura