La Procura di Milano entra nel match tra Vivendi e Mediaset che ora, in un “avviso di conclusione delle indagini” avviato nel dicembre 2016 a seguito di una denuncia del gruppo di Silvio Berlusconi, incrimina i vertici del colosso francese delle telecomunicazioni, il finanziere Vincent Bolloré e l’amministratore delegato Arnaud de Puyfontaine, per i reati di “manipolazione del mercato” (da 1 a 6 anni) e di “ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza” (da 2 a 8 anni). Un risultato che, sul fronte criminale, si interseca con la polemica sulla regola “salva-Mediaset”, lanciata il 26 novembre dal governo Conte per bloccare le “acquisizioni” straniere capaci di determinare legami incrociati tra tv e telecomunicazioni; con l’udienza in tribunale civile di dopodomani, prevista per lo scambio delle memorie conclusive nel caso in cui Mediaset invoca 3 miliardi di euro a titolo di risarcimento per il mancato rispetto da parte di Vivendi del contratto di acquisto Mediaset Premium; e soprattutto con l’udienza mercoledì prossimo al TAR-TAR sulla delibera dell’Agcom-Autorità garante delle comunicazioni, che ha congelato le azioni di Vivendi in Mediaset dopo il successo giudiziario di Vivendi il 3 settembre davanti al Tribunale dell’Unione Europea .
Bolloré, un finanziere con 7 miliardi di dollari di asset, insieme a de Puyfontaine (difeso anche dagli avvocati Guido Alleva e Giuseppe Scassellati Sforzolini) è accusato di manipolazione da parte del pm Silvia Bonardi (lo stesso dell’indagine per falso nel bilancio di British Telecom Italia) di aver prima contestato falsamente la veridicità dei dati sottostanti l’accordo ” 8 aprile 2016 da Vivendi con Mediaset per l’acquisizione di Mediaset Premium; e poi, in tre comunicazioni del 26 luglio 2016, 29 luglio 2016 e 19 ottobre 2016, di aver ingannato il mercato. In altre parole, aveva fatto credere che l’inadempimento contrattuale di Vivendi fosse motivato proprio dalla scoperta di mine finanziarie non dette all’interno di Mediaset Premium, quando invece per la Procura era “pianificato sin dall’inizio da Vivendi secondo la reale comprensione dei francesi”. , che doveva acquistare Mediaset Premium, ma “raggiungere una quota di almeno il 24,99% in Mediaset”. E le tre comunicazioni – secondo il fascicolo del Nucleo Polizia Valuta Gdf e al consulente Francesco Costantino – sarebbero state in grado di alterare sensibilmente il prezzo delle azioni Mediaset, sceso del 30% tra luglio e novembre 2016. L’altra accusa, quello di ostacolo alla Consob, invece, si basa su tre informazioni che Vivendi avrebbe occultato all’autorità di vigilanza in borsa: i significativi acquisti di azioni Mediaset deliberati dal consiglio di sorveglianza dal 18 febbraio 2016, fino al raggiungendo il 28,8% del capitale e il 29,9% dei diritti di voto del Biscione; gli incontri con Telecom Italia tra luglio 2016 e ottobre 2018 sulla prospettiva di costituire una nuova società tra Vivendi, Telecom (di cui Vivendi detiene il 23%) e Mediaset; e il ruolo di Mediobanca, di cui Bolloré è il secondo azionista e di cui Vivendi – è il pubblico ministero – “ha utilizzato, senza dichiararlo al mercato e alla Consob, per predisporre i diversi scenari operativi relativi all’acquisto di sostanziali Mediaset azioni fino alla costituzione del trust Simon Fiduciaria “, in cui ad aprile 2018 è stato ceduto il 19,19% di Mediaset già in mano a Vivendi. La sola Bolloré è contestata anche con un’ipotesi di manipolazione del mercato risalente al giugno 2010 (e quindi destinata a scadere tra due anni) relativa all’acquisto di azioni Premafin durante le trattative per l’ingresso di Groupama nel capitale di Premafin.