La raccapricciante pratica islandese di impalare teste di cavallo

Il “palo del disprezzo” risale al X secolo ma si vede ancora ogni tanto, anche a causa di un recente ritorno al paganesimo

Negli ultimi decenni, l’Islanda ha sperimentato una certa rinascita della popolarità del paganesimo e di alcuni riti tradizionali. Movimento religioso che cerca di far rivivere le tradizioni politeistiche della mitologia norrena del passato precristiano, l’Ásatrú, afferma oggi di avere 5000 membri (su una popolazione totale di 370mila persone) e di essere la seconda religione dell’isola dopo Cristianesimo. Negli ultimi anni è stata riscoperta e utilizzata più volte anche un’antica pratica pagana di epoca vichinga, quella del Qui, il palo del disprezzo: consiste nel porre su un palo una testa mozzata di cavallo, sulla quale è incisa una poesia o una maledizione.

A partire dal X secolo i Qui (in inglese niente polo) veniva utilizzato per esprimere disprezzo verso qualcuno che si era reso colpevole di una presunta colpa, oppure per cercare di scacciare gli ospiti indesiderati: il palo li teneva lontani con poteri magici. Negli ultimi vent’anni il polo del disprezzo, in versioni più o meno fedeli alla tradizione, è apparso più volte in Islanda, all’interno di proteste pubbliche, anche contro il governo, o per “risolvere” questioni private. In quest’ultimo caso la polizia islandese considera l’esposizione del palo come una “minaccia di morte”.

L’ultima volta a Qui è finito sulle cronache islandesi nell’aprile 2022. Un palo con la testa di cavallo è apparso nella cittadina di campagna di Kjalarnes, non lontano dalla capitale Reykjavik: puntava verso una fattoria che ospita una comunità new age, chiamata Sólsetrid, in cui molti credevano che fosse stata commessa violenza psicologica e sessuale e che fosse stato fatto uso di droghe: queste accuse non sono mai state provate né sono diventate oggetto di alcun procedimento giudiziario, ma il palo del disprezzo probabilmente era inteso come un modo per esprimere una condanna morale. Non è mai stato stabilito chi lo collocò davanti alla fattoria.

Un polo di disprezzo illustrato nel libro “Saxo Grammaticus: Danmarks Krønike” (Wikicommons)

La tradizione del palo del disprezzo trae origine dalla saga islandese di Egil, scritta nel corso del XIII secolo e parte di una serie di testi che raccontano la storia dell’isola attraverso le leggende di troll, elfi e giganti. In particolare, nella Egil saga si parla della famiglia di Egil Skallagrímsson, vissuta tra l’850 e il 1000: un passaggio del testo racconta esattamente come il protagonista costruì un primo Qui su uno dei monti dell’isola, con l’obiettivo di dominarla.

I membri di Ásatrú fanno riferimento anche alla tradizione delle saghe islandesi, movimento religioso ispirato al paganesimo nato nel 1972 e che sta godendo di una certa popolarità in Islanda. Il culto ha fatto notizia per la sua rapida ascesa, con la costruzione di un tempio nel 2015, ma anche perché è stato adottato da alcuni movimenti suprematisti bianchi negli Stati Uniti. I rappresentanti islandesi di Ásatrú negano quella che chiamano “appropriazione culturale”, ma la questione continua ad essere di attualità anni dopo.

Allo stesso modo, Ásatrú definisce i poli del disprezzo una “pratica futile”, sottolineando come il movimento si sia allontanato dai rituali che presuppongono il sacrificio di animali. Tuttavia, i giornali islandesi sottolineano che la pratica è tornata in auge proprio mentre cresceva la popolarità del movimento religioso.

Lo ha detto Anna Bjorg, direttrice del Museo islandese delle streghe di Hólmavik rivista in linea Atlante Oscuro che il Qui è “diretto verso qualcuno di cui ci si vuole vendicare ed è più pericoloso quando il destinatario è un individuo, piuttosto che un’entità collettiva”. Gli usi più frequenti di Qui negli ultimi anni sono stati infatti loro a protestare contro le decisioni del governo: negli anni Settanta e Ottanta i polacchi si schierarono per protestare contro l’installazione di un’acciaieria sulla costa occidentale e poi contro l’adesione del Paese alla Nato.

Un vindgapi esposto al Museo islandese della stregoneria (Wikicommons)

Nel 2006 venne utilizzato in una disputa tra vicini e un anno dopo fu posto tra le braccia della statua dell’eroe indipendentista Jón Sigurdsson, davanti al parlamento, come messaggio di condanna del progetto della centrale idroelettrica. I pali della contesa non hanno sempre la forma originaria e presentano aspetti diversi a seconda delle diverse tradizioni (islandese, norvegese, svedese): la testa mozzata è stata talvolta sostituita da teschi meno raccapriccianti, sempre di cavalli o di altri animali come pecore, capre, vitelli. Anche il divario del vento ha una struttura simile, ma un significato diverso: in questo caso una testa di pesce, e in particolare una testa di lenza, è posta sopra il palo inciso: l’intento è quello di scacciare le tempeste.

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