DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME — Le strade verso il Museo di Tel Aviv sono deserte, come nel poster che annuncia l’installazione di Amos Gitai sulla guerra dello Yom Kippur. Cinquant’anni dopo la città è diventata una metropoli tecnologica, l’angoscia è la stessa.
Il viale prosegue fino al cubo bianco del Kirya, il “Pentagono” israeliano, dove si concentra il comando militare e il primo ministro Benjamin Netanyahu sta trascorrendo queste ore. Da attento lettore di Winston Churchill, è consapevole di non essere riuscito a salvare – come il leader britannico – i soldati bloccati sulla spiaggia di Dunkerque, deve far rivivere il paese sprofondato nell’orrore del sabato mattina. E guidarlo in battaglia: per la prima volta dopo tanti anni di scontri il governo lo ha subito dichiarato stato di guerra. Tutto cambia, perché tutto è cambiato.
Grattacielo
Al dodicesimo piano del grattacielo, l’ufficio del Ministro della Difesa e quello del Capo di Stato Maggiore sono a poche porte di distanza. Herzi Halevi e Yoav Gallant – il ministro licenziato ma mai cacciato perché aveva chiesto di fermare il progetto giustizia del governo che per dieci mesi ha spinto gli israeliani in piazza a protestare – presentano al primo ministro possibili mosse strategiche. Per ripristinare una deterrenza diffusa come gli ostaggi presi a Gaza, per evitare che il conflitto si estenda su altri fronti, quello del Nord dove Hezbollah si muove sulla Linea Blu tracciata dalle Nazioni Unite tra Libano e Israele.
Bibi – come viene soprannominato e come ha intitolato la sua autobiografia – proclama al Paese “vendetta” per l’ora più buia, certamente il giorno più tragico nella vita del politico che ha promesso di proteggere la nazione dalle minacce esistenziali. La rivista americana Tempoche lo aveva già incoronato Re Bibi, lo ha rimesso in copertina qualche anno fa accompagnato dalle sue parole: “Chi è forte sopravvive”.
Il padre
La frase non fa solo eco alla visione pessimistica del mondo, ereditata dal padre Ben-Zion che da storico studiò per tutta la sua lunga vita le persecuzioni dell’Inquisizione spagnola contro gli ebrei (morì all’età di 102 anni). Il pericolo di un ritorno agli anni bui faceva parte dell’educazione del giovane Netanyahu e alimentava la sua risoluzione contro il rischio di un Iran dotato di bomba atomica.
Gli accordi di Abramo
Per questo ha scelto di favorire gli sforzi per raggiungere gli accordi abramitici con alcuni paesi arabi, per creare «il Nuovo Medio Oriente» e isolare Teheran. L’invasione devastante è iniziata a pochi metri da casa e ora per lui la prima sfida è riconquistare la fiducia degli israeliani.