La riforma fiscale ha tempo fino all’estate 2025
La riforma Irpef che il governo ha inserito nella delega fiscale pubblicata sulla “Gazzetta Ufficiale” lo scorso 14 agosto prosegue la revisione del sistema fiscale sul reddito delle persone fisiche iniziata con il governo Draghi, che ha ridotto gli scaglioni fiscali da 5 a 4. Ora, il governo Meloni punta a ridurre ulteriormente gli scaglioni da 4 a 3, puntando sull’aliquota unica, la flat tax promessa in campagna elettorale e, al momento, obiettivo di fine legislatura (art. 53 Cost. permettendo : infatti c’è chiaramente la progressività delle imposte, che è l’esatto opposto della flat tax). Per raggiungere questo traguardo, però, ci saranno numerosi passaggi intermedi, non ancora del tutto definiti. La riforma fiscale è affidata ai decreti attuativi, che hanno 24 mesi per essere emanati (cioè entro il 29 agosto 2025). Il governo però vorrebbe fare un balzo in avanti, almeno per quanto riguarda la revisione degli scaglioni e delle relative aliquote, che potrebbe già essere inserita nella prossima legge di bilancio e avere i suoi effetti già nel 2024. Come anticipato dal premier Meloni, il volontà del governo è quella di “ridurre sensibilmente la fascia più bassa per includere molti più lavoratori” e, come specificato nell’articolo 5 della delega, nel rispetto del principio di progressività, evitare così l’accusa di incostituzionalità. Ma imposta unica e progressività fiscale non sono concetti inconciliabili? Cerchiamo di capire la soluzione trovata dal governo e come cambieranno i salari con la nuova riforma di scale e aliquote.
I passi
Per conciliare l’aliquota unica (flat tax) e il principio di progressività del sistema tributario, così come previsto dalla Costituzione, il governo intende muoversi “attraverso il riordino delle detrazioni dalla base imponibile, degli scaglioni di reddito, dell’imposta aliquote, delle ritenute dall’imposta lorda e dei crediti d’imposta”. Alla luce di tutto ciò, il primo passo dovrebbe essere proprio l’ulteriore riduzione degli scaglioni Irpef, con le relative aliquote, e il riordino della selva di trattenute e detrazioni che consentono a molti contribuenti di alleggerire il carico fiscale. In altre parole, il testo della legge delega individua nell’aliquota unica, la flat tax, la meta finale di un percorso che troverà il recupero di progressività nel sistema delle detrazioni e delle detrazioni. Il nodo è sempre quello delle risorse, legate come sono alla crescita economica, all’andamento dei ricavi e al costo del debito.
Nessun riferimento alla riduzione a tre aliquote Irpef
Come accennato, nella delega non si fa specifico riferimento ad uno scatto intermedio con la riduzione da quattro a tre fasce di reddito. Ma nella relazione tecnica che accompagna la delega si legge: «i criteri relativi all’Irpef appaiono ancora indefiniti e non consentono una precisa valutazione in termini di gettito. Al riguardo, si rileva che i criteri direttivi si limitano ad indicare un percorso graduale volto a ridurre progressivamente il numero e il livello delle tariffe e degli scaglioni. In una prima fase, il legislatore potrebbe ridurre le aliquote a tre e successivamente a due». Dunque, come confermato anche dal viceministro dell’Economia, le aliquote dovrebbero salire inizialmente a tre, per arrivare gradualmente alla flat tax.
equità orizzontale
Anche se la legge delega non dà molte indicazioni sul passaggio dall’attuale sistema a quello basato sull’aliquota unica0, parla comunque di misure da introdurre per “il progressivo perseguimento dell’equità orizzontale”. I principali sono:
* Progressiva unificazione della “no tax area” per i redditi da lavoro dipendente e pensionistico. Con il termine “no tax area” si intende la soglia reddituale entro la quale l’imposta dovuta è pari a zero e al di sotto di tale soglia i redditi non sono soggetti al pagamento dell’Irpef. L’obiettivo sarebbe, quindi, quello di istituire una “no tax area” comune per i redditi da lavoro dipendente e da pensione. Attualmente per i dipendenti tale limite è fissato in 8.145 euro annui, mentre per i pensionati è di 8.500 euro annui e per i lavoratori autonomi in 5.500 euro annui. La legge delega non stabilisce quale sarà la soglia.
* Introduzione della detrazione delle spese sostenute per la produzione del proprio lavoro anche per i redditi da lavoro dipendente e assimilati (magari forfettariamente);
* Introduzione di un’imposta sostitutivaoppure una cedolare secca incrementale, sugli straordinari che superano una certa soglia (non ancora indicata), sulla tredicesima e sui premi di produttività anche per redditi di lavoro dipendente e assimilati.
La riforma delle detrazioni e delle detrazioni
Come detto, la riforma Irpef va di pari passo con quella delle detrazioni e detrazioni fiscali. Tuttavia, il governo ha detto di voler salvaguardare settori specifici: sanità, istruzione, edilizia abitativa, previdenza complementare, efficienza energetica, riduzione del rischio sismico.
Dove si troveranno le risorse?
Le risorse, va detto, sono scarse. Sia per la legge di bilancio che per la delega fiscale. La riduzione da quattro a tre aliquote potrebbe costare intorno ai 3-4 miliardi, ma servono risorse anche per finanziare l’annunciata riduzione delle tasse sulle tredicesimi. Il concordato preventivo biennale per gli autonomi vedrà probabilmente la luce con la manovra. Contemporaneamente arriverà sicuramente la cosiddetta “tassa minima nazionale sulle multinazionali”, prevista dalla delegazione in attuazione di una direttiva europea: fornirà entrate utili a finanziare altre misure. Il risparmio potrebbe poi trovarsi nella revisione degli sgravi fiscali, che sono oltre 600. Anche questo è programmato in delega, ma quando si tratta di ridurre le agevolazioni fiscali, la distanza tra il dire e il fare è sempre molto ampia.
Irpef dopo la riforma Draghi
Se uno dei primi passi che potrebbe concretizzarsi già con la prossima legge di bilancio è quello di una nuova riforma degli scaglioni Irpef, partiamo dallo stato dell’arte. Attualmente, dopo l’intervento di Draghi, i contribuenti italiani sono divisi in quattro categorie:
1) fino a 15.000 euro di reddito, soggetto ad imposta IRPEF del 23%;
2) da 15.000 a 28.000 euro, con IRPEF del 25%;
3) da 28.000 a 50.000, con prelievo del 35%;
4) sopra i 50.000 euro, con un prelievo del 43%.
Per ridurre inizialmente le aliquote a tre scaglioni, questi quattro scaglioni dovranno essere modificati e accorpati. Secondo alcune simulazioni, tra cui quelle dei consulenti del lavoro, possiamo ipotizzare come cambieranno i nostri stipendi (magari già dal prossimo anno).
Ipotesi di intervento sulla seconda e terza fascia
Diverse sono le ipotesi per la riforma degli scaglioni, una è stata elaborata dalla Ragioneria dello Stato, che prevedeva l’accorpamento di seconda e terza fascia in un’unica fascia che comprende i redditi compresi tra 15.000 e 50.000 euro, da assoggettare a un prelievo di 27 % (ma si parlava anche del 28%). In questa ipotesi, la prima e l’ultima fascia rimarrebbero intoccate. In questo caso, è chiaro che ne gioverebbe la fascia attualmente compresa tra 28.000 e 50.000 euro perché si passerebbe dal prelievo odierno del 35% a uno del 27% o 28%, con un risparmio di ben 7-8 punti percentuali, mentre con un’aliquota Irpef del 27% per la nuova fascia da 15mila a 50mila euro verrebbero penalizzati i redditi fino a 28mila euro.
Facciamo alcuni esempi:
– Reddito da 20mila euro: oggi paga 4.700 euro di Irpef, andrebbe a pagarne 4.800 e avrebbe un carico fiscale di circa 100 euro (+2,13%);
– Reddito di 35mila euro: oggi paga 9.150 euro, andrebbe a pagare 8.850 euro e avrebbe uno sconto di 300 euro (-3,28%);
– Reddito di 50mila euro: oggi paga 14.400 euro, andrebbe a pagarne 12.900 e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 1.500 euro (-10,42%);
– Per un reddito di 60.000 euro: oggi paga 18.700 euro, pagherebbe 17.200 euro di Irpef e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 1.500 euro (-8,02%).
Ipotesi di intervento su prima e seconda fascia
Tuttavia, il presidente del Consiglio Meloni ha detto che l’intenzione è di intervenire soprattutto sulla fascia più bassa (attualmente sotto i 15.000 euro) per far rientrare più lavoratori. In questo caso, sempre immaginando tre soglie reddituali e tre aliquote, ma con interventi sulla prima e sulla seconda fascia, il governo potrebbe ridisegnare la prima fascia riportando il reddito fino a 28mila euro, allargando così la platea e lasciando a tutti l’aliquota del 23%, mentre per la seconda da 28 a 50mila euro l’aliquota sarebbe del 33%. Nessuna variazione, infine, per la terza fascia che rimarrebbe al 43% per redditi superiori a 50.000 euro. Gli effetti dei prelievi in busta paga sarebbero positivi (seppur limitati) per tutti:
– Reddito da 20mila euro: oggi paga 4.700 euro di Irpef, andrebbe a pagarne 4.600 e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 100 euro (-2,13%);§
– Reddito di 35mila euro: oggi paga 9.150 euro, ne pagherebbe 8.750 e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 400 euro (-4,05%);
– Reddito di 50mila euro: oggi paga 14.400 euro, andrebbe a pagarne 13.700 e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 700 euro (-4,86%);
– Reddito da 60mila euro: oggi paga 18.700 euro, andrebbe a pagarne 18mila e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 700 euro (-3,74%)