Una serie di avamposti. La barriera fuori terra e sotterranea è costata centinaia di milioni di dollari: sensori, telecamere, torrette guidate a distanza, il meglio della tecnologia affidato in parte ai coscritti. Dall’altra parte del muro mille miliziani con armamento semplice.
La violazione
Per aprire la breccia hanno preso esplosivi, bulldozer, attrezzi. I video dell’operazione ne rivelavano la semplicità, mentre i video di propaganda – diffusi successivamente – mostravano invece i mujaheddin con passerelle ad hoc portate a spalla, kit logistici. Non sappiamo nemmeno se l’infiltrazione sia avvenuta attraverso cunicoli: al momento non ne è stato scoperto nessuno. È troppo presto per escluderlo. Piccoli droni hanno distrutto torrette e un carro armato sganciare bombe.
Le armi
C’era e c’è tutto. Fucili, tipo Kalashnikov, rilasciati dai depositi del Medio Oriente. “Pezzi” iracheni, libici, russi ma anche alcuni modelli israeliani preda di guerra o recuperati attraverso la tratta. I tunnel clandestini, il mercato nero, i rifornimenti degli alleati (seppur complessi) hanno garantito un approvvigionamento sufficiente. Le mitragliatrici sono le Dshk calibro 50 di concezione “sovietica”., presente in tutti i recenti conflitti nella regione. L’aspetto evidente, confermato dai video, riguarda il «leggerezza» dell’attrezzatura: niente zaini pesanti, caschi o altro, ma lo stretto necessario per potersi muovere agevolmente. Gli esperti hanno rilevato la presenza di Mine iraniane, materiale cinese e carri anticarro nordcoreani. Sono tante le granate, alcune realizzate “artigianalmente” nella Striscia, nonché cariche speciali – le EFP – da posizionare ai lati delle strade in grado di perforare le corazze.
I veicoli
Le testimonianze unite alle clip presenti sul web descrivono le incursioni in moto delle Brigate al Aqsa, nuclei composti da 10-12 elementi. Le due ruote sono veloci, permettono spostamenti in fuoristrada, sono bersagli sfuggenti. Hamas ha replicato la tattica dello Stato Islamico e dei ribelli del Sahel che hanno creato il “cavalleria jihadista». Ma lo hanno fatto prima di loro i Pasdaran iraniani nel sud del Libano quando mandarono i loro rappresentanti a sostenere il nascente Hezbollah. Non oggi, nemmeno ieri ma l’altro ieri. Nel corso del raid i miliziani hanno utilizzato anche i pick up necessari per trasportare i rifornimenti all’andata e gli ostaggi nel viaggio di ritorno. Un giornalista ha descritto uno di questi camioncini, un Toyota, altro simbolo del conflitto, noto per la sua affidabilità. All’interno un caricatore, una bombola di gas trasformata in trappola esplosiva e dotata di timer recuperato da un elettrodomestico. Poi cambio scarpe e vestiti, un contenitore in cui urinare per non dover abbandonare il veicolo. Sul sedile posteriore il ricordo del raid in un kibbutz: un sacchetto di plastica pieno di chiavi della macchina e di casa.
Io deltaplano
Da alcuni anni i deltaplani a motore rappresentano la sorpresa nella sorpresa. Non è così, non doveva essere così. La fazione non ha mai nascosto di averli, ha praticato in un campo nel sud di Gaza e ha registrato un video, in altri tempi c’erano state segnalazioni al riguardo. Economici come i Kalashnikov, utili per attraversare indisturbati la “rete”, difficili da individuare. Hanno infatti percorso un breve tratto, dal punto di decollo fino al territorio israeliano, per poi planare dolcemente con un paio di virate fino al centro del rave festival.
I razzi
Nelle prime ore migliaia di razzi colpirono tutto il fronte. Hanno forniture abbondanti, grazie alle forniture esterne e allo sviluppo costante nella Striscia facilitato dalle istruzioni dell’Iran/Hezbollah. Non sono troppo precisi perché mancano di una “guida”, tuttavia hanno una valenza militare e politica poiché lo permettono alla fazione prendere di mira le aree abitate di Israele. Uno degli ultimi “missili” – ribattezzato Ayyash – potrebbe raggiungere i 250 chilometri di distanza. Un esemplare si è fermato a 150.